Se c’è una cosa che all’Italia non è mai mancata, sin dal momento in cui è stata raggiunta e travolta dall’emergenza epidemiologica, è senz’altro l’esempio di altri Paesi che, prima di lei hanno subìto l’impatto col Covid-19.
Un impatto devastante in tutto il mondo, che ha letteralmente messo in ginocchio il nostro sistema sanitario e, a causa del lockdown di marzo scorso, anche la nostra economia. Lo stop forzato avvenuto nei mesi passati che ha riguardato la maggior parte delle attività produttive è un ricordo negativo che rimarrà indelebile, vanificato però dalle successive ed eccessive aperture che hanno riportato le lancette dell’orologio inevitabilmente a marzo. Peccato che se allora la luce in fondo al tunnel era rappresentata dall’idea che la stagione calda fosse vicina e che quindi anche l’impatto del virus potesse affievolirsi, adesso non è più così.
Poi, però, c’è la Cina. Più esattamente Whuan, il capoluogo in cui tutto ha avuto inizio e in cui tutto sembra essere tornato alla normalità. Una normalità che in Italia vediamo distante anni luce. Una normalità raccontata attraverso un servizio andato in onda nella trasmissione televisiva “Le Iene”, resa possibile grazie alle 3 T: tamponi, tracciamento, trattamento. Niente più obbligo di mascherina, l’economia è ripartita in ogni sua accezione e i nuovi casi di contagio lì si contano sulle dita di una mano, grazie a un sistema che ha funzionato in maniera impeccabile e che continua a muoversi con estrema attenzione, senza trascurare neppure i dettagli.
Sorge inevitabile, dunque, domandarsi: cosa stiamo aspettando per salvare le nostre imprese, le nostre attività, la nostra sanità, il nostro turismo, la nostra agricoltura? Perché non sfruttiamo il “modello Cina” per uscire dalla pandemia? Dopo la chiusura di palestre, piscine, ristoranti, bar e altre attività produttive dopo le 18.00, cosa dobbiamo aspettarci? Sarà comunicato questo fine settimana un altro lockdown settoriale, prima di arrivare a un nuovo stop totale? Intanto la disperazione della gente è tangibile, manca il lavoro, mancano gli stipendi, ma non manca la paura, non mancano le bollette, le spese e i mutui da pagare. Se l’Italia intera sta subendo un duro colpo, in Calabria la crisi è ancora più palpabile, imprese e dipendenti vivono ancor di più nell’insofferenza: servono interventi seri e tempestivi, non ulteriori promesse col senno del poi; serve che anche la nostra Regione eroghi al più presto degli aiuti, senza aspettare quelli del Governo, che arriveranno… forse, prima o poi…
Confartigianato Imprese Catanzaro