Ecco un tipo di contratto di lavoro molto diffuso tra i giovani che tentano di fare il loro ingresso nel mondo professionale, quello a progetto

In queste ultime settimane di vacanza sono circa 500mila i giovani neo diplomati giunti all’appuntamento con la scelta della facoltà. Ma sono moltissimi anche coloro che, invece, opteranno per un passo verso il mondo del lavoro, direzione verso cui obbligatoriamente dovranno orientarsi i neo dottori sfornati dagli atenei italiani. Tra i contratti indirizzati proprio al reclutamento di giovani leve c’è il co.co.pro, il contratto di collaborazione a progetto. Skuola.net aiuta i giovani a districarsi nel mondo del lavoro spiegando in cosa consiste uno dei contratti più somministrati ai ragazzi che si accingono a trovare un impiego.

PIÙ AUTONOMIA 

Il contratto di collaborazione a progetto, meglio noto come co.co.pro., è nato nel 2003 con la nota Legge Biagi (D. Lgs. N.276/2003), con l’obiettivo di sostituire il contratto co.co.co., di collaborazione coordinata e continuativa, rispetto al quale esiste una differenza sostanziale che è quella dell’autonomia del collaboratore.

UN PROGETTO PER LAVORARE 

Le condizioni alla base del contratto di collaborazione a progetto sono fondamentalmente tre. Innanzitutto il progetto stesso, che rappresenta la natura di questa formula contrattuale. Insomma, deve essere messo per iscritto un progetto o un piano di lavoro determinato dal committente, che però deve essere gestito in piena autonomia dal collaboratore. Vanno esplicitati anche i limiti di tale progetto, la sua durata determinata o determinabile e non è previsto un periodo di prova. Dentro la definizione di progetto rientra anche il risultato a cui mirare. Il secondo principio alla base del contratto è appunto quello dell’autonomia: il collaboratore è un lavoratore autonomo. Infine, terzo elemento del contratto è il corrispettivo rispetto al quale vanno fissati per iscritto i modi e i tempi di erogazione.

I LIMITI DELLA FORNERO

La riforma del Lavoro firmata dall’ex Ministro Fornero ha imposto ulteriori limiti a questa tipologia contrattuale per evitare abusi e sfruttamento dei lavoratori. Qualora, infatti, sia assente anche uno solo dei precedenti requisiti elencati, il contratto di collaborazione si deve trasformare in rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Va ricordato, inoltre, che la malattia prevede una sospensione del contratto di collaborazione non retribuita, ma non il suo scioglimento, fatta eccezione per sospensioni del lavoro superiori ad 1/6 della durata complessiva.

Fonte: www.tgcom24.mediaset.it

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