Dopo la fusione dei comuni di Corigliano e Rossano, la città di Lamezia è scesa dal podio, diventando la quarta città della Calabria. Questo smacco non è stato digerito in qualche ambiente ( politico?)lametino e quindi subito a studiare(?) il controsorpasso.

L’impegno è diventato quello di fare di Lamezia la seconda città della Calabria per combattere l’Area Urbana Cosentina e la città metropolitana di Reggio Calabria. Come fare? Semplice: un comune unico tra Catanzaro e Lamezia e gli altri comuni attraversati dalla superstrada . Un comune che si estenda dallo Ionio al Tirreno. Idea grande e ambiziosa che induce a qualche riflessione. Ma questi stessi ambienti che oggi vogliono la fusione non erano fino ad ieri i grandi accusatori di Catanzaro per i furti che questa Città avrebbe perpetrato nei secoli nei confronti di Lamezia? E poi perché accontentarsi di Catanzaro e non assorbire anche Vibo e Crotone. E visto che Lamezia ha l’autostrada, la ferrovia, l’aeroporto, le terme , il primato per gli scioglimenti e una classe politica-amministrativa che tutti i calabresi e gli italiani ci invidiano, perché non farne la capitale delle Calabrie.? E’ vero, siamo tutti liberi di parlare ma con un minimo di concretezza e senza fughe dalla realtà. Si possono fondere i municipi senza il consenso dei cittadini? La fusione dei municipi di Nicastro, Sambiase e  S. Eufemia Lamezia non ha insegnato niente?

Ognuno di noi può sognare e disegnare il futuro a colori, anzi forse aiuta a vivere meglio. Ma all’alba, quando i sogni finiscono, resta la realtà, amara, amarissima con la quale dobbiamo fare i conti.

Lamezia deve fare i conti, presto e seriamente, con la propria condizione sociale, economica e politica.

E’ sbagliato dire che a Lamezia la politica è morta; che la società civile che in questa città era un punto di orgoglio e di riferimento, oggi è debole, confusa e alla ricerca di salvatori della patria che non esistono.? E’ sbagliato dire che non basta cavalcare ed agitare i problemi della disoccupazione, della mancanza di servizi, della povertà che aumenta per avere un progetto e una politica per la città? E allora da dove ripartire, ammesso che ci siano cittadini disposti a farlo.

Nei giorni scorsi ho partecipato ad un primo corso di formazione della Scuola per il Bene Comune ed alla domanda, fatta al docente, su cosa possiamo fare da cittadini, a Lamezia ed in Calabria, per invertire il degrado e la rassegnazione è stato risposto: dovete fare rete, dovete essere solidali , utilizzare le vostre capacità e competenze e fare insieme, fare quello che è nelle vostre possibilità che è tanto ma non ne avete consapevolezza invece di lamentarvi e attendere uomini o donne della Provvidenza  La curiosità di capire cosa potessimo fare come semplici cittadini mi ha fatto riflettere su una vicenda emblematica che in questi giorni impazza sui social e sulla stampa: la EX FIERA DI LAMEZIA. Sono infatti cominciate le discussioni e i convegni sul perché questa Fiera è morta.

Gli esperti chiamati a diagnosticare sono gli stessi che da più di vent’anni hanno avuto ruoli gestionali e politici e non so quanto abbiano contribuito al suo fallimento. Questo è infatti l’esempio tipico a cui si potrebbe applicare la teoria del fare senza rassegnarsi. E’ infatti il secondo anno che la Fiera non si svolge ed è il secondo anno che si parla della stessa, non prima della data di inizio, ma qualche settimana dopo, quando si è sicuri che la fiera non si è fatta e si possono dare solo giudizi e fare diagnosi. Se applicando la teoria del FARE decidessimo di organizzare un Comitato per la Nuova Fiera fatto dagli imprenditori agricoli, dagli artigiani, dal Gal dalle organizzazioni di categoria Coldiretti, Confagricoltura, Cia e da tutti  gli invitati ai vari seminari , siamo cosi sicuri di non riuscire a far rinascere la Fiera? E se il risultato dovesse essere positivo perché non potrebbe estendersi alla rinascita della Politica ? Mettere insieme 50 imprese agricole tra CIA, Confagricoltura e Coldiretti sarebbe impossibile? E 30 artigiani tra Cna e Associazione Artigiani e 20 imprese di servizi e Confcommercio e Confesercenti ? E il GAl non potrebbe organizzare seminari e convegni con i finanziamenti regionali e fare esporre 10 imprese? Facciamo una autoconvocazione di questi soggetti CNA, CONFESERCENTI, Confcommercio, Confagricoltura, Coldiretti, CIA, GAL e vediamo che succede. La Fiera del terzo millennio non ha bisogno di grandi spazi espositivi ma di spazi capaci di accogliere i visitatori in convegni di divulgazione scientifica ed economica tutti attrezzati con tecnologie di avanguardia che porteranno il mondo agricolo , come suggerisce l’ing. Fagà, nel centro storico di Sambiase la dove è nata.

FARE vuol dire provarci. Ma quanti lo vogliono veramente FARE.? Emilio Mastroianni

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