ROMA – I carabinieri del Nas sono alla ricerca, in tutta Italia, di uno specifico lotto del sapone ”Germoci”, usato dai medici negli ospedali, per sottoporre a sequestro preventivo e cautelativo tutte le confezioni ancora circolanti.Il provvedimento e’ stato adottato dalla Procura della Repubblica di Cosenza nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di un pensionato di Rende, Cesare Ruffolo, di 74 anni, avvenuta il 4 luglio scorso dopo una trasfusione di sangue. Sangue che, stando agli accertamenti compiuti dagli stessi carabinieri del Nas e dai tecnici dell’Istituto superiore di sanita’, sarebbe stato infettato da un batterio veicolato nella sacca proprio dal sapone ”incriminato”.
INDAGINI. I militari, quindi, si sono messi alla ricerca delle confezioni di un lotto specifico, che scade del 2016, a cominciare dall’azienda che lo produce. Nei magazzini della societa’, a Milano, non ne sono state trovate. La ricerca prosegue adesso in tutte quelle strutture che risultano abbiano ricevuto partite di quel lotto. Un’operazione che andra’ avanti per alcuni giorni. ”Il provvedimento – ha spiegato il procuratore di Cosenza Dario Granieri – e’ stato preso perche’ abbiamo l’esigenza di vedere se vi possano essere altre confezioni contaminate dalla presenza del batterio”.
VELENO. Nell’ospedale di Cosenza, di sacche contaminate ve ne sarebbero state due. Anche un altro degente, nel giugno scorso, ha avuto problemi dopo una trasfusione di sangue, ma in quel caso l’organismo piu’ giovane e sano rispetto a quello del pensionato ha evitato che la vicenda avesse effetti nefasti. Dagli accertamenti e’ emerso che la contaminazione ha riguardato esclusivamente sacche di sangue provenienti dal presidio ospedaliero di San Giovanni in Fiore. Le indagini muovono su una duplice direzione.
CAUSE. La prima mira a ricostruire le cause e le responsabilita’ relative al decesso di Ruffolo, mentre la seconda si propone di ricostruire il contesto entro il quale e’ maturato l’evento ed in particolare se vi siano state condotte omissive da parte dei responsabili delle strutture sanitarie interessate e dai vertici dell’Azienda ospedaliera di Cosenza. Un secondo filone legato al fatto che la Procura e’ in possesso di una relazione della struttura commissariale della Regione Calabria dell’ottobre 2012 nella quale erano segnalate precise criticita’ riguardanti il servizio trasfusionale dell’Azienda ospedaliera di Cosenza. Nell’ambito dell’inchiesta, al momento, sono indagati sette dirigenti ospedalieri che, secondo l’ipotesi dell’accusa, sarebbero stati direttamente o indirettamente responsabili di quanto e’ avvenuto. Da parte della difesa, pero’, si fa rilevare come sia strano che un batterio possa annidarsi in un detergente antibatterico.
Fonte: www.leggo.it