nei giorni scorsi da medico mi sono trasformato in paziente e per una serie di fortunate circostanze ho potuto usufruire di una sanità funzionante che vorrei fosse al servizio di tutti i calabresi. Un sospetto diagnostico fatto su me stesso mi ha spinto a fare un ecg in telemedicina nel mio studio, una scelta che è risultata utile e opportuna.
Una intuizione che mi ha consentito di diagnosticare un infarto e mi ha salvato, ma se non avessi avuto la possibilità di fare l’ecg nello studio difficilmente sarei andato al pronto soccorso. Ma questi presidi debbono essere a disposizione di tutti. Qui il primo interrogativo: perché i progetti di telemedicina da fare negli studi dei medici di famiglia sono fermi da anni, nonostante presentati, perché non vengono implementati da far valere sugli obiettivi di piano.
Una volta al pronto soccorso per avere il riscontro con gli esami enzimatici, mi hanno confermato la diagnosi, anche qui la “fortuna” di un pronto soccorso veloce ed efficiente (ospedale di Soveria Mannelli).
Seconda “fortuna” l’ambulanza del 118 era medicalizzata (dr. ferrari) per cui il mio trasferimento era in sicurezza e con un bravo medico.
Ma in Calabria ahimè, anzi ahinoi, non sempre è così: spesso e volentieri le ambulanze sono senza medico e quindi non garantiscono la dovuta garanzia al povero paziente.
La terza “fortuna” è stata l’assistenza in un reparto di eccellenza: l’emodinamica dell’ex Ospedale Pugliese, dove un bravo primario il dr. Ciconte ed un eccellente emodinamista il dr. Ferraro sono una realtà che fa onore alla sanità calabrese.
Ma la permanenza in “utic” per due giorni mi ha fatto scoprire un mondo che esiste nella vituperata sanità calabrese: medici, infermieri ed operatori sanitari tutti gentilissimi bravissimi che trattano con umanità tutti pazienti. A loro tutti vanno i miei complimenti.
Caro presidente vorrei che la mia “fortuna”, termine che ho usato volontariamente, e provocatoriamente, fosse la quotidianità di tutti i calabresi. Vorrei che da presidente dei mass media e dei proclami, e diventasse il presidente che lavora, operaio, che si occupasse seriamente della sanità calabrese per far diventare le circostanze fortunate nella normale quotidianità per tutti i cittadini calabresi. Serve meno “fortuna” e più lavoro, progettazione, pianificazione e organizzazione.